Alois
ALOIS SCHMID
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  L'orologio segna le 10 di sera. Mi trovo qui in Israele, in un albergo di Tel Aviv, dopo due intense giornate spese a giudicare i cani della locale esposizione
Alois
Alois Schmid con il Camp. Mondiale
Zito del Soccorso
internazionale. Sono un po' stanco ma soddisfatto perché ho visto degli esemplari interessanti non soltanto di razza locale (quali i Canaan Dog, tipo Collie e Dingo, questi ultimi veramente superbi) ma perché ho potuto osservare Alani, Rottweiler, Mastini Napoletani, Pastori Bergamaschi, Mastiff, Boxer, Viszla, Yorkshire, Bichon, Zwergpinscher, tutti veramente tipici, soprattutto mi hanno affascinato i Bulldogs, cosí splendidi da far invidia alla stessa Inghilterra. Anzi uno di questi Bulldogs (che ho mandato come «best of breed» nel ring d'onore) è la dimostrazione di come anche un cane di questa razza, quando ben costruito, funzionale e di una tipicità senza esasperazioni, possa, sia pure in un clima particolarmente caldo, correre a lungo in un ring senza risentirne. E qui il caldo non scherza! Non degni di nota invece i San Bernardo (che però, per fortuna, non ho giudicato ma soltanto osservato). Sto meditando su tutto questo mentre scrivo le cartoline di rito a conoscenti e amici cinofili, primo fra tutti al mio caro amico Alois Schmid a cui, dalle più lontane contrade del mondo, invio sempre la cartolina numero uno. Infatti Schmid è il più grande amico che io abbia mai avuto nella cinofilia, assieme ad Albert De La Rie. Mi unisce però a Schmid una maggiore affinità di idee, maggiore confidenza e propensione all'umorismo. Le battute spiritose che ci siamo dette reciprocamente commentando, in occasione di viaggi, esposizioni e convegni, persone incontrate e fatti accaduti, riempirebbero un intero volume. Anzi, se avessi tempo, sarebbe un'aneddotica di stampo cinofilo da scrivere e pubblicare; forse servirebbe un po' a farci uscire dal grigiore plumbeo e dalla cadaverica re tetraggine in cui la cinofilia di massa ci ha confinato.
  Sono dunque le 10 e io sto rimuginando su questi pensieri, quando il telefono della mia camera squilla e mio figlio Giovanni è all'apparecchio dall'Italia. Mi comunica numerose cose sui più svariati argomenti poi improvvisamente ammutolisce... «non hai più nulla da dirmi?» - chiedo. - «Sì» - mi risponde con voce concitata - «devo darti una brutta notizia, anche se so che sarà un grande dispiacere per te» - E, come volesse liberarsi di un pesante fardello, mormora sottovoce il nome di Alois Schmid.
   La comunicazione, per la grande distanza e l'eco, non è molto chiara - «Alois Schmid?» - chiedo - «hai detto Alois Schmid?» - «Sì» - mi risponde, ora con voce più ferma - «Alois Schmid è morto, fra tre giorni ci saranno i funerali e poiché tu non potrai partire da Israele andrò io ad Edigheim a rappresentarti».
  La notizia, data in modo cosí repentino, mi lascia del tutto incredulo. Nessuno di noi si era reso conto che la vecchia quercia aveva quasi 92 anni. O meglio il Sig. Schmid era talmente robusto e pieno di risorse che ci sembrava dovesse vivere in eterno. Ciò è tanto vero che anche mia moglie, presente alla telefonata, come me non sa capacitarsi che il nostro caro Sig. Schmid sia morto e mi ricorda come quest'anno, quando l'ultima volta l'andammo a salutare ad Igheim, lo trovammo in così perfette condizioni di spirito e di corpo che gli dicemmo: «Sig. Schmid, siamo certi che festeggeremo i suoi cento anni!».
  Invece purtroppo ciò non accadrà e repentinamente comprendiamo il grande significato della scomparsa di Alois Schmid. Una profonda tristezza s'impadronisce di noi. Per quanto mi riguarda non è però solo tristezza perché sento che qualcosa in me s'è spezzato. Con la morte di Alois Schmid ho perduto una parte di me stesso, come se un braccio, una gamba mi fossero stati all'improvviso strappati o come se un tratto del mio orizzonte si fosse oscurato per sempre.
  Raramente ho conosciuto uomini come Alois Schmid e sono sicuro che mai più ne conoscerò nel mondo dei cinofili. Egli rappresentava la sintesi di quanto di meglio un uomo può essere perché aveva un'intelligenza fuori dal comune, grande umanità, saggezza ed un ineguagliabile senso dell'umorismo che rendeva ogni conversazione con lui un avvenimento. A parte questo era un mimo di razza che sapeva imitare voci e gesti con bravura.
  Egli apparteneva indubbiamente al secolo scorso, non solo per nascita, ma per impostazione mentale e culturale. Anche il suo senso dell'onestà e il suo rigore morale erano del tutto ottocenteschi, cioè incrollabili e radicati in lui, anche se mitigati da una tolleranza, da una benevolenza e da una capacità di comprensione che lo ponevano come un antico saggio al di sopra delle parti.
  Dotato di una personalità vigorosissima e di una volontà di ferro, che talora rasentava la cocciutaggine, egli poteva essere considerato uno degli ultimi patriarchi, venerato dai figli e da uno stuolo di nipoti, pronipoti ed amici. Uno dei suoi aspetti più caratteristici ed affascinanti era l'attaccamento alla sua terra d'origine, la fiabesca Svevia bavarese. Per le tradizioni di questa terra egli aveva un culto incredibile e tutto ciò che non vi rientrava incontrava, se non la sua disapprovazione, per lo meno un certo scetticismo.
  Ricordo che faceva di regola diventare matti i famigliari per farsi curare e spesso rifiutava le terapie che il medico gli aveva prescritto contro l'artrosi che l'affliggeva. Una volta che era malato (anche lui, sia pur raramente, s'ammalava) la famiglia riuscì, con sovrumani sforzi, a farlo ricoverare in ospedale, ma dopo pochi giorni al medico che lo voleva trattenere per ulteriori accertamenti e cure disse: «Signor dottore io la stimo molto e la prego di non offendersi, ma voglio tornare a casa mia e parto stamattina». Detto fatto si vestì e se ne andò. Più tardi, in occasione di una mia visita, mi disse: «Mia madre, che aveva moltissimi figli, ci curava con le erbe che lei stessa andava a raccogliere. Quasi tutti noi fratelli siamo riusciti ad arrivare a tarda età, quindi è segno che le cure erano buone. Creda a me, io so che in ospedale mi curavano bene, ma quell'ambiente mi avviliva, mi sentivo come in prigione, avevo bisogno d'aria e così sono venuto via».
   Indubbiamente l'attaccamento alla natura come elemento vitale cui non si può sfuggire, era uno degli aspetti peculiari di Alois Schmid. Le nuove tecniche, i vantaggi della vita moderna, li apprezzava perché era intelligente (anzi mi dicono che quando guidava l'automobile, anni fa, andava sempre a velocità sostenuta), ma nutriva verso di essi una certa diffidenza. Solo la natura catturava la sua attenzione piena ed assoluta. Una volta in Italia, passeggiando per un bosco, mi seppe dire i nomi di ogni albero od arbusto che incontravamo, di ogni animale od insetto che entrava nella nostra visuale.
  Ma anche la storia, la sociologia elementare ed in certo qual modo la filosofia erano per lui oggetto d'interesse. Ognuno di noi, raggiunto con la maturità l'uso della ragione, se s'interessa anche marginalmente di cronaca, di storia o di tradizioni popolari o anche dei più svariati settori dello scibile, vorrebbe far tornare in vita con la bacchetta magica il proprio nonno per interrogarlo e farsi raccontare dal vivo fatti, episodi, aneddoti, avvenimenti da lui personalmente vissuti nel passato.
  Purtroppo questo miracolo non è quasi mai possibile perché quando siamo giovani o giovanissimi e i nostri nonni sono in vita ed intellettualmente validi noi non abbiamo questa sorta d'interessi, quando invece siamo diventati adulti e maturi, e quindi curiosi di conoscere i lontani tempi, i nonni sono morti o talmente vecchi da aver perduto memoria e senso critico.
  Solo in rarissimi casi i nonni, pur essendo vecchi, conservano inalterati vigore, memoria, intelligenza e interesse per la vita. Uno di questi rarissimi casi era Alois Schmid. Per questo ogni contatto con lui era, per le persone intelligenti ed interessate ai tempi trascorsi, un fatto indimenticabile. Egli, in altre parole, poteva considerarsi storia parlante e vivente perché, dotato com'era di enorme memoria e grande acume oltre che di capacità dialettica, sapeva riportarci, come fossero accaduti ieri, episodi del lontano passato. Ci sarebbe voluto un giornalista o meglio un sociologo o uno storico per raccogliere dalla viva voce di Schmid la descrizione di remote vicende.
  Come quando, per esempio, descriveva la sua vita di giovane recluta durante la I^ a guerra mondiale in Lituania, fra popolazioni che vivevano in baracche di fango ma gentili ed ospitali o come quando dipingeva con vivide immagini l'ambiente sociale ed economico della vecchia Baviera agli albori del secolo. Un vero tuffo nel passato riportato al presente con la chiarezza di un film.
  Alois Schmid non aveva studiato alle scuole superiori o fatto l'università, eppure la sua cultura era notevole. Ricordo che una volta, in Italia, durante un banchetto «cinofilo», rivolgendo un breve discorso agli astanti, citò a memoria alcuni versi e difficili concetti di poeti e filosofi, tanto da mettere in imbarazzo il sottoscritto che fungeva da traduttore. Insomma un uomo superiore non solo perché fisicamente dotato più di tutti noi, tanto da arrivare a tardissima età in perfette condizioni, ma per la sua mente che era una straordinaria macchina che sfidava il tempo.
  Le persone dotate di cervello e sensibilità avrebbero dovuto frequentare Alois Scmid. Ne avrebbero tratto un grande arricchimento dello spirito. Schmid lo si sarebbe potuto definire in mille modi, un naturalista, un etologo, un saggio, un filosofo, ecc. Lui stesso però riderebbe se potesse leggere queste affermazioni.
  Va anche detto che Schmid, uomo schivo, moderato e antiretorico, andava scoperto ed esplorato perché era come una ricca miniera: più lo si scavava e più oro si trovava. I1 tutto ricoperto dall'apparenza modesta di un'esistenza di lavoro condotta prima in Baviera e poi nel suo «giardino fiorito» di Edigheim.
Jago
Il Camp. Mond. Int. It.
Jago del Soccorso a 9 anni di età

  Buono ed affabile con tutti, ricco di umanità, sotto la bonomia, la capacità di comprensione ed il senso dell'umorismo, conservava un certo disprezzo per gli imbecilli (che sono tanti). Sono infatti gli imbecilli che non l'hanno capito ed apprezzato come dovevano. La pazienza era una delle sue maggiori doti, io non l'ho mai visto arrabbiato. Anche nei momenti peggiori sapeva sorridere e mai alzava la voce, anzi il parlare sommesso sempre pacato e sottotono era una delle sue caratteristiche. Per descrivere le numerose sfaccettature di quest'uomo occorrerebbe un libro. Tutti noi che abbiamo potuto conoscerlo ed apprezzarlo ringraziamo la sorte che ci ha consentito d'incontrarlo, io particolarmente che ho nutrito per lui il più grande affetto ed amicizia.
  Ma se l'uomo era incomparabile per le sue intrinseche doti,
Alma
La Camp. Alma del Soccorso
straordinario era l'allevatore ed il conoscitore del San Bernardo. Io credo che Alois. Schmid sia stato sulla scena mondiale uno dei massimi personaggi del San Bernardo. La sua conoscenza della razza e la capacità di tradurre questa conoscenza in prodotti d'alta classe erano in lui proverbiali. Le sue intuizioni genetiche, I'uso del «linebreeding» e talora anche dell'«inbreeding» produssero esemplari leggendari come BanJo, Boto, Berna, Dieter, Danto, Falko, Olaf, Jago, Pascha, Susie, Valdo, Zenta (che ho avuto il piacere di possedere), Zeno, Brando, Berna Ila, Boto II, per non parlare poi del grande campione Sandovon Bismarckturm. Poi vi sono i derivati delle linee di Bismarckturm che ne riproducevano
Rex
Camp. Int. It. Rex del Soccorso
le caratteristiche somatiche. Fra questi si devono citare Elmo von Staufenbrunnen, Elfe von Stanfenbrunnen, Gisa von Stanfenbrunnen, Anita von Rauberhof, Cuno von Reinhard e diversi cani italiani del Soccorso. Tutti i Bismarckturm, assieme al loro capostipite Dieter von Norden, soprattutto Sando, sono da considerare i più tipici rappresentanti della «vecchia versione tedesca», oggi pressoché estinta, disgraziatamente!
  Questi cani avevano teste come scolpite nel legno, ossatura fortissima, massima taglia ed imponenza, arti e muscoli possenti ma lunghi, buon movimento; il loro rapporto taglia-volume-peso era ideale per un San Bernardo (anche da lavoro). I cani della pur validissima ed apprezzabile «nuova versione tedesca» e sue propaggini nei vari paesi d'Europa (oltre i pur interessanti cani americani), con i loro arti corti, i loro toraci a botte (Tonnenformigenbrust), i loro
Irma
Camp. Int. It. Irma del Soccorso
tronchi superpesanti in rapporto alla modesta statura, i loro muscoli spessi e brevi, la loro costituzione ipoossidativa e il loro peso eccedente sulla taglia, se paragonati ai favolosi Bismarckturm anni 40/50/60 sono dei nani, o meglio, delle piccole «palle di sego» che potrebbero essere parcheggiate fra le loro gambe come cuccioli. Non parliamo poi dei cani svizzeri di «nuova versione» che stanno ai Bismarckturm come i gatti stanno ai leoni.
  Purtroppo questi grandi cani Bismarckturm, pur vincitori di tante esposizioni e da tutti apprezzati, non furono utilizzati e valorizzati dagli amatori del San Bernardo come sarebbe stato indispensabile per la razza.
  Per fare un esempio fra i tanti, Sando von Bismarckturm fu richiesto pochissimo come stallone,
Rolando
Il Camp. Int. It. Rolando del Soccorso
col suo proprietario Franco Gardini
eppure il suo sangue sarebbe stato fondamentale per il prolungamento nel tempo della «vecchia versione tedesca». Questa emarginazione del grande Sieger Sando diede non poche amarezze ad Alois Schmid che era ben conscio delle sue eccezionali qualità genotipiche e, nell'interesse del San Bernardo, avrebbe visto volentieri la diffusione di molti suoi discendenti. Bisogna considerare, infatti, che Alois Schmid era un uomo assolutamente disinteressato ed idealista, il suo motto «vivere per i cani ma non sui cani» lo definisce nel modo più perentorio.
  L'unico che ha sperimentato le capacità genetiche di Sando, utilizzando il figlio Arco von Helenenhof (ed altri cani della linea von Bismarckturm come la Camp. Int. Bsg. Zenta von Bismarckturm, la Camp. Carmen, la Camp. Anita, ecc.) è stato Antonio Morsiani, ed infatti diversi dei migliori cani da lui prodotti, tutti di taglia eccezionale, sono debitori di moltissimo ai cani di Alois Schmid, basti citare tra i tanti il Camp. Mond. Jago del Soccorso, sua sorella Irma, Iano (tutti Camp. Int.), il Camp. Int. Rex del Soccorso, suo fratello Camp. Rolando del Soccorso e la sorella Randa del Soccorso (esportata negli Stati Uniti dove ha contribuito a migliorare parecchie linee di sangue) senza contare la Camp. Alma del Soccorso e suo fratello Andor (figli di Valdo von Bismarckturm), il Camp. Int. Felix del Soccorso e i più
Zito
Il Camp. Mond. Int. It. Zito del Soccorso,
vincitore di 80 Best of Breed e 34 Bis
recenti Camp. Mond. Zito del Soccorso, Camp. Mond. Sando del Soccorso, Camp. Mond. Diana del Soccorso, Camp. Mond. Zeda del Soccorso, Camp. Mond. Falco del Soccorso, Camp. Mond. Fedor del Soccorso ed il tuttora vivente Camp. Int. Vittorio del Soccorso.
  Un bell'esempio di discendente di cani Bismarckturm rimase come abbiamo visto la Camp. Norma von Norden, una cagna veramente straordinaria che prolungava a distanza di tempo, attraverso la sequenza di tutti i Bismarckturm, il vecchio e nobile sangue di Dieter von Norden pietra miliare dell'allevamento germanico. Questa capacità di trasmettere attraverso oltre mezzo secolo una ben precisa tipologia trae origine dal fatto che i prodotti di Schmid non erano mai occasionali (cioè Zufallprodukt) ma il risultato di un'attenta, sofferta selezione genotipica che li rendeva delle vere e proprie bombe genetiche. Sul piano fenotipico lo stampo rimaneva lo stesso: la «vecchia versione germanica» (nel caso dei cani «del Soccorso» citati mescolata con la «vecchia versione svizzera»).
  Va precisato che Schmid seppe proseguire ed incrementare la via intrapresa da Hans Glockner (di cui fu scolaro in allevamento), da Ludwig Deinzer e dai grandi allevatori del nord quali Ludwig e Georg Kasten, Hermann Zilliger ed altri.



Campioni
A sinistra il Camp. Mond. Int. It. Jago del Soccorso
e la Camp. Mond. Int. It. Irma del Soccorso

A sinistra il Camp. Mond. Int. It.
Sando del Soccorso
e la Camp. Mond. Int. It.
Diana del Soccorso
Campioni
Da sinistra: la Camp. Mond. Int. It. Zeda del Soccorso,
il Camp. It. Sando del Soccorso
e suo figlio Camp. Int. It. Vittorio del Soccorso

Il Camp. Mond. Int. It.
Sando del Soccorso
Campioni
Il Camp. Mond. WUSB, Int. It. Fëdor del Soccorso
col suo proprietario Luciano Cassinotti

Il Camp. Mond. Int. It.
Falco del Soccorso


  Naturalmente Schmid non è però soltanto un prosecutore di capiscuola, ma lui stesso un caposcuola, perché aggiunse a quei cani molto di suo. Infatti i migliori cani da lui prodotti sono paragonabili ai prototipi del periodo d'oro svizzero (cioè i grandi campioni della «vecchia versione svizzera», da Emir Jura a Rasko v. d. Reppisch, da Apollo Rougang a Nestor v. Rigi, fino a Meta v. Lotten, Bruno v. Leberberg ed Anton v. Höfli). Purtroppo anche questa straordinaria versione, di pari valore della «vecchia versione tedesca», s'è estinta in Svizzera.
  Ma c'è un aspetto di Alois Schmid che tutti gli amatori del San Bernardo del mondo dovrebbero conoscere e cioè gli enormi sacrifici da lui fatti, anche a rischio della vita, per salvare i suoi cani durante la guerra. I suoi viaggi sotto i bombardamenti per andare a far coprire una cagna a Monaco o a Stoccarda o l'avere tenuto cinque cani adulti per lunghi anni durante il ciclone bellico, sono ormai entrati nella leggenda, per lo meno per noi che da tanti anni siamo nel mondo del San Bernardo. Sfortunatamente la modestia di Alois Schmid e la sua idiosincrasia alla pubblicità hanno sempre impedito che si scrivesse o si parlasse più diffusamente di questi fatti, cosicché i neofiti e le nuove generazioni di giudici ed allevatori non ne sono al corrente e ciò è molto grave. Credo che i giovani ed i meno giovani, non solo in Germania ma soprattutto negli altri paesi d'Europa, o coloro che «pontificano come professori» sul San Bernardo, avrebbero il dovere di conoscere, capire ed apprezzare ciò che Alois Schmid ha fatto e così apprendere che, senza i suoi sacrifici per salvare la razza durante il tunnel bellico, il dopoguerra non avrebbe visto cani così importanti come i Bismarckturm e diversi di noi non sarebbero stati in grado di produrre i loro campioni.

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Campioni

Il miglior gruppo d'allevamento assoluto dell'Esposizione del Centenario ENCI 1982.
Da sinistra: la Camp. Int. It. Quenda del Soccorso, il Camp. Mond. It. Sando del Soccorso,
il Camp. Mond. Int. It. Zito del Soccorso e la Camp. Mond. Int. It. Zeda del Soccorso